sabato, Luglio 27, 2024
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Vesuvio, un modello scientifico per prevedere l’eruzione

Studio elaborato da un team di ricercatori dell’Ingv, dell’Università di Bari e del British Geological Survey di Edimburgo

I ricercatori possono ora produrre una valutazione comparabile delle probabilità di eruzione e della pericolosità sul territorio tra i tre vulcani napoletani: Vesuvio, Ischia e Campi Flegrei che insistono sul territorio dell’area metropolitana di Napoli, densamente popolato. Questo grazie ad un nuovo modello statistico che, studiando l’alternanza dei periodi di alta e bassa attività eruttiva, permette di confrontare sistemi vulcanici anche molto diversi tra loro, migliorandone la comprensione del comportamento. È il risultato dello studio “A simple two-state model interprets temporal modulations in eruptive activity and enhances multivolcano hazard quantification” realizzato da un team internazionale di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e del British Geological Survey di Edimburgo (Uk).

Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances. Applicando questo nuovo modello, i ricercatori hanno evidenziato come le dinamiche di avvio e termine delle fasi di alta attività eruttiva siano significativamente diverse tra il Vesuvio, i Campi Flegrei e Ischia, ciascuna legata ai processi vulcanici specifici che dominano i singoli vulcani. “Il nostro modello si fonda su soli tre parametri: la frequenza eruttiva annuale dei vulcani nei loro periodi di bassa attività, la stessa frequenza eruttiva annuale registrata – viceversa – nei periodi di alta attività, e il cosiddetto ‘tempo di intervento soglia’, vale a dire l’intervallo temporale senza eruzioni trascorso il quale è possibile sancire il passaggio del vulcano da una fase di alta a una fase di bassa attività eruttiva”, spiega Jacopo Selva, ricercatore dell’Ingv e primo autore dell’articolo. “Nella maggior parte dei vulcani, per quanto diversi tra loro, esistono almeno due stati, da noi identificati come periodi di alta e di bassa attività, e con il nostro modello descriviamo quantitativamente l’alternanza tra questi due stati”, prosegue Roberto Sulpizio, dell’Università di Bari.

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